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san giorgio webIl simbolo di Wjjc è San Giorgio (Cappadocia, 275 - 285 circa – Nicomedia 303), il famoso cavaliere che uccide il drago con la lancia. Il suo culto risale circa al IV secolo. Onorato dai musulmani come profeta e venerato dai cristiani come Santo difensore contro il male, San Giorgio è inoltre il santo protettore di una grande nazione a cui noi siamo particolarmente legati, l’Inghilterra.
San Giorgio è l’impavido cavaliere che ha sfidato e trafitto con la sua lancia l’orrendo drago che eruttava, dalle sue fauci incandescenti, fuoco e fiamme. Il santo emblema della generosità e del coraggio, ha avuto nei secoli un radicato e vastissimo culto. Giorgio era un cavaliere, senza macchia e senza paura, che poneva il suo coraggio al servizio degli altri.

A quei tempi, un orribile bestione si aggirava tra le acque di un lago, sulle cui rive sorgeva una popolosa città. L’enorme drago, con le sue apparizioni, seminava morte e distruzione. Si racconta che per placare la sua ira non esisteva altro mezzo che offrirgli le teneri carni di una giovane. In questo modo molte giovani donne finivano la loro vita prematuramente. Un giorno la sorte capitò sulla figlia del re. Il re cercava pretesti per non assecondare il triste destino. Il popolo si raccolse sotto la reggia urlando: “Ma come! Le nostre figlie devono morire, e la tua no?”. Il sovrano dovette rassegnarsi. Vestì la ragazza con abiti regali e seguito dalla scorta e dai sudditi, l’accompagnò sulla riva del lago. Il mostro, emerso dalle acque del lago lanciando vampate di fuoco, si avvicinò alla preda. Stava afferrandola tra le sue fauci, quando giunse un cavaliere armato. Puntò un attimo i suoi limpidi occhi su quelli arrossati del drago quasi per intimorirlo e, spronato il suo cavallo si avventò su di lui. La gente trattenne il respiro sicura di una duplice tragedia. E invece un urlo bestiale e un tonfo lacerarono l’agghiacciante silenzio. Era il drago che stramazzava al suolo colpito a morte dalla lancia dell’intrepido cavaliere. La figlia del re era salva.

Altrettanto intrepido fu Giorgio nei giorni crudeli del proprio martirio. Per essersi rifiutato di bruciare l’incenso davanti agli dei, l’imperatore l’aveva fatto arrestare insieme a molti altri cristiani. Per fiaccare la sua resistenza, gli aguzzini le provarono tutte: gli cosparsero il corpo di sale, che era già tutto una piaga, ma l’eroico cavaliere non ne avvertì il bruciore; neppure il veleno ebbe presa su di lui, né le ruote dentate poterono stritolare il suo corpo. L’imperatore provò allora con le lusinghe. Ma ottenne l’effetto contrario. Non solo Giorgio non si piegò, ma il suo esempio diede un indomito coraggio a tutti gli altri prigionieri. Ancor di più: convinse la moglie dell’imperatore ad abbracciare la fede di Cristo. L’imperatrice andò naturalmente a ingrossare subito le file dei condannati a morte. Alla fine il coraggioso cavaliere di Cappadocia si offrì da solo al suo carnefice. Adagiò la testa sul ceppo e un colpo di spada gliela mozzò.